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Lo sguardo dell'arte sul mondo

 


Grande Cretto, Alberto Burri BURRI 1985-89, Gibellina

Alberto Burri, nato nel 1915 a Città di Castello, è stato un artista italiano di fama internazionale, noto per il suo approccio innovativo all'arte contemporanea e per l'uso di materiali non convenzionali. Inizialmente medico durante la Seconda Guerra Mondiale, Burri si dedicò all'arte dopo la guerra, spostandosi negli Stati Uniti, dove ebbe l'opportunità di confrontarsi con movimenti artistici emergenti come l'espressionismo astratto. Tornato in Italia, Burri sviluppò uno stile unico, caratterizzato dall'uso di materiali come sacchi di juta, legno e cemento, che riflettevano la sua profonda connessione con la realtà e il dramma dell'esistenza umana.

L'opera più nota di Burri, il "Cretto di Burri", nasce in seguito alla devastazione della città di Gibellina, causata dal terremoto del 1968. Incaricato dal sindaco di Gibellina di creare un’installazione che potesse ridare nuova vita alla città distrutta, Burri parte dalle macerie e le ingloba in blocchi di cemento. L'opera si presenta come una gigantesca distesa di cemento che copre una superficie di 80.000 mq, rendendola una delle opere d'arte più estese al mondo. Ogni frattura che attraversa il "Cretto" ha una larghezza di 2 metri e i blocchi di cemento raggiungono un'altezza di 1,60 metri. Da una distanza di 350 metri, è possibile scorgere i resti della Gibellina originale.

Burri ha dichiarato di aver scelto il Cretto per la sua natura labirintica, definendolo «una sorta di labirinto concreto, che, visto dall'alto, è simile al labirinto di bugie in cui i giudici dovevano orientarsi per trovare il filo dell'inchiesta». Questa opera è stata spesso interpretata come una metafora delle bugie e degli intrighi legati a grandi tragedie italiane, come la strage di Ustica, e alla mafia. La sua eredità artistica continua a influenzare generazioni di artisti e a stimolare riflessioni sulla memoria, la distruzione e la resilienza.

Ho scelto quest’opera perché è evidente come l'arte spesso anticipi idee che vengono successivamente reinterpretate dall'architettura, sia consapevolmente che casualmente. Non sono sicuro se opere come la Città della Cultura di Galizia di Eisenman si ispirino alla "land art" di Burri, ma riconosco che i processi metodologici dell'arte e dell'architettura sono spesso intercambiabili. A tal proposito, credo che il memoriale di Libeskind a Berlino rappresenti un collegamento significativo nel mio ragionamento, poiché in questo caso un architetto si occupa di un'installazione artistica.


OPERE SELEZIONATE ALLA GALLERIA NAZIONALE D'ARTE MODERNA



Strutturazione pulsante, Gianni Colombo (1937-1993), 1959, 200x188x26.5 cm. Oggetto cinetico.

 Gianni Colombo è stato un pioniere dell'arte cinetica italiana. Le sue opere, caratterizzate da movimento e interazione con lo spettatore, hanno rivoluzionato la concezione dell'arte. Utilizzando materiali industriali e meccanismi innovativi, ha creato ambienti dinamici e coinvolgenti. Colombo è noto soprattutto per la sua "Strutturazione pulsante" e per le sue sperimentazioni spaziali. Le sue opere sono considerate pietre miliari dell'arte contemporanea e continuano a influenzare artisti di tutto il mondo.

L'opera "Strutturazione Pulsante" di Gianni Colombo è un esempio emblematico dell'arte cinetica. Realizzata con materiali come polistirolo, legno, metallo e gommapiuma, l'opera è animata da un meccanismo interno che ne provoca un movimento continuo.

L'opera è composta da moduli in polistirolo disposti in modo ordinato e animati da un motorino elettrico. Il movimento pulsante dei moduli coinvolge attivamente lo spettatore, invitandolo a interagire con l'opera. La prima versione dell'opera prevedeva un azionamento manuale, sottolineando ulteriormente l'interazione tra l'opera e lo spettatore.

La pulsazione ritmica dei moduli in polistirolo altera la percezione dello spazio e del tempo, invitando lo spettatore a riflettere sulla natura della realtà e sulla fluidità dei confini tra l'oggettivo e il soggettivo. Il movimento continuo dell'opera contrasta con la staticità tradizionale della scultura, conferendo all'opera un senso di vitalità e di energia. L'opera coinvolge tutti i sensi dello spettatore: la vista, il tatto e l'udito. Il movimento dei moduli genera vibrazioni e suoni che contribuiscono a creare un'esperienza sensoriale immersiva.

 


N. 53 Siebzehnjanuarneunzehnhundert,  Ugo Rondinone (1964), 1993-1994, Acrilico su tela, Dipinto

Ugo Rondinone è un artista visivo svizzero contemporaneo, noto per le sue grandi sculture e installazioni che esplorano temi profondi come il tempo, la natura e la condizione umana. Le sue opere, spesso caratterizzate da forme semplici e materiali naturali, invitano lo spettatore a una riflessione interiore. Nato in Svizzera, vive e lavora a New York, dove ha creato opere iconiche come "Seven Magic Mountains". Rondinone è riconosciuto a livello internazionale per la sua capacità di unire la bellezza estetica alla profondità concettuale.

Siebzehnjanuarneunzehnhundert è un titolo piuttosto lungo. In italiano significa semplicemente "diciassettigennaiomillenovecento". Questa scelta di utilizzare il tedesco, la lingua madre dell'artista, è già di per sé significativa. Potrebbe essere un modo per sottolineare le sue origini, oppure un tentativo di creare una distanza temporale e culturale tra l'opera e l'osservatore.

L'opera di Rondinone, "Siebzehnjanuarneunzehnhundert", ci invita in un viaggio visivo e introspettivo. I grandi cerchi concentrici, dai colori vibranti e sfumati, creano un'atmosfera ipnotica che cattura lo sguardo e stimola la mente.

Il titolo, una data precisa, funge da ancoraggio temporale, ma al contempo apre un ventaglio di interpretazioni. Potrebbe riferirsi a un evento storico, a un ricordo personale dell'artista, o semplicemente a un momento scelto per connotare l'opera.

L'osservatore, immerso in questa composizione, è invitato a esplorare diverse prospettive e a cercare un ordine nel caos apparente dei colori. Questo movimento fisico e mentale rispecchia la nostra continua ricerca di significato e di un punto di riferimento nel mondo che ci circonda.

 


Superficie bianca, Enrico Castellani (1930-2017), 1964, Dipinto 

Enrico Castellani è stato uno dei maggiori esponenti dell'arte cinetica e dell'arte povera in Italia. Le sue opere, caratterizzate da una ricerca sulla materia e sulla percezione visiva, hanno rivoluzionato il modo di concepire la pittura.

 Le "Superfici bianche" di Castellani rappresentano un punto di svolta nella sua produzione artistica. A prima vista, queste opere possono sembrare estremamente semplici: una tela bianca, talvolta leggermente lavorata. Tuttavia, la loro essenzialità nasconde una complessità concettuale e una raffinatezza tecnica.

 Le "Superfici bianche" di Enrico Castellani sono opere d'arte che indagano la natura stessa della pittura. Attraverso una tela bianca, lavorata con sottili incisioni o rilievi, Castellani invita lo spettatore a concentrarsi sulla materialità dell'opera e sulla sua interazione con lo spazio. L'artista, riducendo la pittura alla sua essenza, esplora concetti come la purezza, la percezione del tempo e il rapporto tra arte e spazio, trasformando la tela in un oggetto autonomo e dinamico.

Fonti: 

https://artsandculture.google.com/?hl=it

https://artsupp.com/it/artisti/ugo-rondinone/n-53-siebzehnjanuarneunzehnhundert


OPERA ANALIZZATA CON STRUMENTI GRAFICI 

DINAMISMO-SCOMPOSIZIONE

 

 Partendo dall'opera cinetica di Gianni Colombo 'Strutturazione Pulsante', abbiamo scelto di interpretare l’opera andando ad accentuare alcuni elementi di base dell’opera stessa. Mantenendo l'idea del movimento, abbiamo deciso di frammentare l'opera in modo radicale, creando un'esperienza visiva più caotica e imprevedibile. Lo spettatore, in questo modo, è invitato a immergersi in un’esperienza visiva ancora più coinvolgente e interattiva. 

Abbiamo scelto di tradurre la pulsazione e il dinamismo tipici di 'Strutturazione Pulsante' in un formato digitale più accessibile e contemporaneo. Utilizzando una serie di GIF animate, abbiamo deframmentato l'opera originale, creando una sequenza di immagini in continuo movimento.

 Riteniamo fondamentale che l'opera instauri un dialogo attivo con lo spettatore. Questa interazione, già presente nella progettazione di Colombo, è per noi un punto di partenza per creare un progetto architettonico nella TTLine  che non siano solo passive, ma che invitino l'osservatore a partecipare attivamente all'esperienza estetica. 


 Enrica D'Addezio, Alessandro Cristoferi 

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