Sintesi sesta parte del libro "Architettura e Modernità- Dal Bauhaus di Gropius alla rivoluzione informatica di Ito" del Professore Antonino Saggio.
La sesta parte
intitolata “Gli anni dei contesti e dei palinsesti" del libro Architettura
e Modernità dal Bauhaus di Gropius alla rivoluzione informatica di Ito esplora
gli anni Ottanta nell'architettura, segnati da una crescente attenzione al
contesto urbano, sociale e naturale. In particolare, si analizzano i temi della
stratificazione e della "tessitura", con un focus su come
l'architettura interagisce con il paesaggio e la storia. L'anno simbolo di
questo cambiamento è il 1978, con eventi che segnano un punto di svolta nella
storia globale e nella pratica architettonica.
La mostra
"Roma Interrotta" del 1978 rappresenta un momento cruciale,
reinterpretando la Pianta di Nolli del 1748 per esplorare la fusione tra
costruito e natura. Architetti come Paolo Portoghesi e Aldo Rossi partecipano a
questo dibattito, affrontando il rapporto tra antico e nuovo e promuovendo una
visione di Roma come una città stratificata, dove storia e architettura
convivono. In questo contesto, l'architettura diventa un'arte che riflette la
memoria storica e la necessità di reinterpretare il passato in una chiave
moderna.
Nel resto
d'Europa, come a Berlino, Parigi e Londra, emergono progetti che rispondono al
contesto urbano specifico, mettendo in evidenza l'importanza di adattare
l'architettura al luogo piuttosto che applicare modelli universali. Architetti
come Eisenman, Gehry e Hadid introducono concetti come il
"palinsesto", la valorizzazione degli spazi abbandonati e la
"tessitura" per creare nuove connessioni tra l'architettura e il
paesaggio urbano. Questi esperimenti anticipano una nuova stagione di ricerca
architettonica incentrata sull'integrazione tra progetto e contesto.
All’interno del
libro si esplora la visione teorica e progettuale di due architetti
contemporanei: Peter Eisenman e Frank Gehry, evidenziando come entrambi abbiano
affrontato la relazione tra contesto, spazio e forma in modi radicalmente
diversi.
Peter Eisenman si distacca dal Post-moderno e adotta un
approccio concettuale e astratto, dove l’architettura non è una replica
estetica del passato, ma una riflessione critica e stratificata sulla storia e
sul contesto. La sua architettura è un “sterramento archeologico”, che esplora
e rivelando le tracce nascoste di strati precedenti. Eisenman crea spazi che
raccontano storie attraverso forme complesse e griglie concettuali, come nel
progetto per la Biennale di Venezia (1978) e l’IBA di Berlino, dove
l’architettura si sviluppa come un palinsesto, priva di riferimenti estetici
diretti al passato, ma con una profonda connessione al contesto urbano e alla
memoria storica.
Frank Gehry, al contrario, esplora un’architettura
più spontanea e discontinua. Con il concetto di "cheapscape", rifiuta
l'idealizzazione razionale del paesaggio urbano, preferendo assemblare
materiali poveri e informali per creare una nuova estetica che emula la vita
quotidiana. La Casa a Santa Monica (1978) e il progetto di Edgemar Development
(1984) sono esempi della sua inclinazione a rielaborare forme esistenti,
creando spazi non convenzionali, spesso "infranti" da fenditure e
trasformazioni che danno vita a un paesaggio urbano disorganizzato ma vibrante.
Con la Scuola di Legge Loyola (1983), Gehry applica una logica simile, ma a un
contesto istituzionale, disarticolando il programma in edifici distinti che
creano un ambiente pubblico fluido e dinamico, in cui ogni parte contribuisce
autonomamente al tutto.
Il concetto di contesto è fondamentale nell'architettura degli anni Settanta e Ottanta, in risposta alla crisi dell'urbanismo industriale. L'architettura funzionalista, con la sua indifferenza al contesto, è criticata, mentre autori come Robert Venturi, Peter Blake e Charles Jencks promuovono una visione inclusiva e storica, che abbraccia la pluralità dell'ambiente. Tuttavia, autori come Peter Eisenman adottano approcci più concettuali e astratti, come il "palinsesto", basato sulle stratificazioni storiche. Al contrario, Frank Gehry esplora il valore degli spazi marginali e il concetto di "cheapscape". Zaha Hadid, invece, concepisce l'architettura come parte di un paesaggio fluido e in evoluzione, in cui il contesto diventa una trama dinamica, integrando la forma architettonica e il paesaggio in un'unica unità.
Frank Gehry, Casa di Santa Monica, 1978
Nel suo lavoro,
Hadid riprende le idee pittoriche di Paul Klee, creando una tessitura fluida di
forme che si mescolano senza perdere coesione. La sua visione si concretizza in
progetti come il Club Peak a Hong Kong, dove gli edifici si fondono con il paesaggio,
abolendo la separazione tra costruito e naturale. Questo approccio si distingue
da altri architetti contemporanei, poiché Hadid evita la sovrapposizione
rigida, puntando su una continuità organica. La sua architettura promuove una
nuova naturalezza, integrata nel contesto. Questa strada poi sarà molto
popolare e seguita negli anni Novanta (Morphosis, Miralles maggiorni
continuatori).
Zaha Hadid
esplora anche il rapporto tra architettura e infrastrutture, come nel progetto
della Stazione dei Pompieri Vitra, dove l'edificio si fonde con il paesaggio e
l'infrastruttura, creando una nuova dinamica spaziale. In progetti come il
blocco residenziale per l'IBA di Berlino, Hadid sfida le convenzioni
urbanistiche e introduce una nuova interazione tra edifici e contesto urbano,
dinamizzando l'ambiente circostante con soluzioni innovative e pragmatiche. Le
sue opere ridefiniscono l'architettura come una parte integrante del paesaggio
e dell'ambiente, dove energia, dinamismo e infrastruttura sono essenziali.
Questa stagione di sperimentazione porta alla nascita di un’architettura più inclusiva, che non si limita a imporsi con modelli universali, ma risponde alle condizioni uniche del luogo. Attraverso la valorizzazione degli spazi marginali, delle infrastrutture, delle tracce storiche e della topografia locale, l’architettura degli anni Ottanta anticipa una fase di progettazione più attenta e radicata nel territorio, in cui il progetto diventa una forma di rispetto e di dialogo con ciò che esiste. Questa attenzione al contesto prelude a un’epoca di maggiore consapevolezza ambientale e sociale nell’architettura, ponendo le basi per un rapporto rinnovato e sostenibile tra l’architettura e il mondo naturale e urbano.
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