Il Lavoro di tesi
di Valentina Gobbi L.O.V.A. The Land Of Virtual Animals Parco zoologico e
paleontologico virtuale ed interattivo alla foce dell’Aniene sul Tevere discusso il
20 luglio 2021 con relatore Antonino Saggio insieme all’architetto Gaetano De
Francesco si colloca all’interno del ciclo di ricerca Aniene Rims iniziato dopo
le esperienze di Roma a_venire, Urban Voids, Urban Green Line, Tevere Cavo
e UnLost Territories. Dal 2019 la cattedra del prof. Antonino Saggio a
“La Sapienza” ha rivolto l’attenzione al tratto urbano del fiume Aniene, tra il
raccordo anulare e la confluenza con il Tevere.
Qui, circa 30
vuoti urbani – per lo più ex aree industriali e artigianali – sono stati
mappati ed esplorati, diventando il terreno di sperimentazione del progetto Aniene
Rims. L’obiettivo: restituire questi spazi alla città attraverso idee e
programmi innovativi, sviluppati spesso in dialogo con associazioni, enti e
cittadini.
Il fiume stesso
diventa infrastruttura di nuova generazione, intorno alla quale si articolano
interventi locali e globali, suddivisi in 15 tratti. Le azioni
progettuali seguono cinque direzioni fondamentali:
- Multifunzionalità
- Green
systems
- Information
Technology Foam
- Slowscape
- Cittadinanza
consapevole
Come ricorda
Saggio: “Non possiamo bloccare lo sviluppo, ma dobbiamo invertirne la
direzione. Le infrastrutture del futuro devono servire al recupero, alla
densificazione e alla riqualificazione della città esistente.”
Aniene Rims è dunque un laboratorio di trasformazione
urbana che mette al centro ambiente, comunità e innovazione.
La tesi di
Valentina Gobbi si inserisce nel ciclo di Aniene Rims, progetto che mira
a rigenerare i vuoti urbani sottoutilizzati, trasformandoli in luoghi di
innovazione e socialità. In questo quadro, la sua proposta non si limita a
ripensare un’area marginale, ma sperimenta un nuovo modello di spazio pubblico
e culturale, capace di restituire vitalità e senso alle periferie urbane.
La proposta si
distingue per un approccio radicale: sostituire gli animali reali con ologrammi
e tecnologie immersive, superando così i problemi legati allo sfruttamento
e alla mercificazione della fauna. Il risultato è uno zoo interattivo senza
animali, che diventa laboratorio di biodiversità, ricerca e
sensibilizzazione.
L’architettura
segue la morfologia del terreno, con forme organiche e percorsi sinuosi, sia a
terra che sospesi. L’obiettivo è creare un ambiente dinamico, capace di evocare
la forza e il movimento tipici della natura. Lo spazio non è solo contenitore,
ma vero e proprio organismo vivente, ibrido tra architettura, paesaggio
e tecnologia.
Grande attenzione
è riservata alla progettualità degli spazi interni, concepiti come
laboratori di biodiversità, aule di riconoscimento delle specie, percorsi di
“caccia alle uova” digitali e installazioni didattiche. Ogni area dell’edificio
è associata a un diverso continente e alla relativa fauna, offrendo
un’esperienza narrativa e immersiva, capace di unire gioco e conoscenza.
Di particolare
rilievo sono le green solutions integrate: lampade a LED e
fotosintetiche, sistemi di bioclimatizzazione tramite boschi, alberi
bioluminescenti, strategie di bioriscaldamento e ventilazione naturale, fino
all’autosufficienza energetica e all’illuminazione notturna sostenibile.
In questo senso,
il progetto non si limita a proporre un’architettura sostenibile, ma diventa manifesto
di una nuova alleanza tra tecnologia e natura: l’uso degli ologrammi e
delle soluzioni energetiche innovative rafforza l’idea di un’architettura che
comunica, interagisce e coinvolge chi la vive.
Dal punto di
vista critico, l’elemento più interessante è proprio questa visione ibrida:
uno spazio che non ricalca modelli del passato, ma immagina nuove forme di
convivenza tra città, periferie, ambiente e società. L’assenza degli animali
reali non impoverisce, ma arricchisce l’esperienza, aprendo a una riflessione
più ampia sul rapporto tra uomo e natura nel XXI secolo.
La tesi di
Valentina diventa così un laboratorio concettuale: un luogo dove etica, tecnologia e progettazione
architettonica si intrecciano, offrendo un’alternativa concreta al consumo
indiscriminato del suolo e alla logica dello spettacolo applicata agli animali.
Un progetto visionario che non si limita a riqualificare uno spazio urbano, ma
propone un nuovo paradigma culturale ed ecologico.
Un aspetto
distintivo è anche la capacità di Valentina di tradurre questa visione
attraverso i disegni: la cura dei dettagli grafici, la precisione e la
sensibilità nelle rappresentazioni trasmettono chiaramente la passione che
nutre per questo tema.
INTERVISTA A VALENTINA GOBBI
1- Come è nata l’idea di uno zoo senza animali reali, basato sugli ologrammi?
"L’idea nasce dalla necessità di trovare un’alternativa ai tradizionali zoo e circhi, che oggi si configurano sempre più come luoghi di detenzione e sfruttamento degli animali. In questi spazi, gli animali vengono spesso trattati come oggetti da esposizione, dimenticando che sono esseri viventi con bisogni e sensibilità. La crescente consapevolezza delle persone su questo tema ha portato a un calo delle visite, mettendo in crisi la sostenibilità economica di queste strutture e la qualità della vita degli animali stessi. Eliminare completamente questi luoghi appare ancora un’idea difficile da realizzare nel breve termine, perciò ho pensato a una soluzione alternativa che fosse non solo più etica, ma anche più coinvolgente ed interattiva. Grazie agli ologrammi, possiamo creare animali virtuali con cui i visitatori, soprattutto i bambini, possono interagire e giocare, rendendo l’esperienza educativa più divertente e accessibile senza la necessità di ospitare animali reali."
2- Quanto ha influito la morfologia del terreno nella definizione del progetto?
"La morfologia del sito è stata uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo del progetto. Piuttosto che imporre un modello predefinito, ho cercato di leggere e interpretare le caratteristiche del terreno, valorizzandone le pendenze, le visuali naturali e le discontinuità. Questi elementi sono diventati parte integrante del percorso narrativo e immersivo del visitatore, guidandolo attraverso spazi che si adattano al paesaggio e lo esaltano. La topografia ha suggerito soluzioni architettoniche e tecnologiche, contribuendo a creare un’esperienza più organica e armoniosa."
3- Nei tuoi disegni si nota una grande cura del dettaglio: quanto conta per te il disegno come strumento di comunicazione del progetto?
"Per me il disegno è fondamentale come mezzo espressivo capace di trasmettere l’anima del progetto. Il dettaglio, la scelta dei colori, delle texture e delle luci non sono mai casuali: tutto concorre a evocare un’atmosfera e a raccontare una storia. L’idea di creare un fumetto di architettura mi è sembrata la scelta più naturale per parlare di un progetto che punta sul gioco e sul divertimento. Il fumetto diventa così parte integrante del progetto stesso, rafforzandone il carattere ludico e coinvolgente, e offrendo un modo accessibile e immediato per comunicare idee complesse."
4- Immagini che un progetto simile possa davvero sostituire gli zoo tradizionali?
"Credo che ormai le persone siano pronte a questo cambiamento e in molti lo chiedano a gran voce. In diversi Paesi, ad esempio, il circo tradizionale con animali è già stato vietato o non esiste più. La crescente preferenza per esperienze come quelle offerte dal Cirque du Soleil, completamente prive di animali, dimostra come il pubblico apprezzi sempre più forme di intrattenimento etiche e innovative.
Inoltre, la narrativa che da sempre sostiene la necessità di zoo e circhi tradizionali come strumenti educativi non regge più. L’educazione alla conoscenza degli animali e della natura può essere realizzata con metodi più moderni e rispettosi, come le tecnologie immersive.
La tecnologia, infatti, offre la possibilità di esplorare il mondo animale da prospettive molto più ampie: si possono conoscere specie in via d’estinzione, osservare comportamenti nel loro habitat naturale, e addirittura scoprire animali appartenenti al passato, ormai estinti. Tutto questo amplia enormemente la quantità e la qualità delle informazioni accessibili, ben oltre ciò che può offrire uno zoo tradizionale.
Per quanto riguarda la protezione degli animali in via d’estinzione, rinchiuderli in spazi chiusi non rappresenta una vera salvaguardia della loro specie; anzi, spesso compromette il loro benessere. Analogamente, gli animali cresciuti in cattività meriterebbero di vivere in santuari di grandi dimensioni e ambienti più adatti, piuttosto che essere confinati in una piccola gabbia.
Quindi, più che una semplice sostituzione, potremmo parlare di un’evoluzione culturale e tecnologica di queste strutture verso un modo più etico, sostenibile e coinvolgente di avvicinarsi al mondo animale. Oggi abbiamo gli strumenti per offrire esperienze educative e coinvolgenti senza compromettere la libertà degli animali.
È una sfida culturale prima ancora che architettonica: cambiare la percezione di cosa significhi “vedere” e “conoscere” un animale. Se riusciremo a costruire esperienze davvero potenti, emozionanti e autentiche anche senza la presenza fisica degli animali, allora potremmo davvero immaginare un futuro in cui gli zoo tradizionali diventino obsoleti."
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